Con il suo solito sguardo lucido e illuminante
Amazon e PayPal, Mastercard, Visa, il sistema bancario svizzero e il sistema giudiziario svedese si sono schierati contro di lui.
Noam Chomsky difende Wikileaks. Dan Gillmor dice che se si accetta la chiusura di Wikileaks si perde la libertà di espressione. Mark Lee Hunter dice che se Assange è una spia allora lo sono tutti i giornali che danno notizie. Facebook e Twitter non chiudono a Wikileaks. Centinaia di siti adesso ospitano la piattaforma di Assange.
La strada della reazione sembra la preferita in alcuni circoli della politica americana e britannica. MitchMcConnell, repubblicano, dice che Julian Assange, di Wikileaks, è un terrorista high tech. E che va fermato. «Se si dimostrerà che Assange non ha violato la legge, allora bisognerà cambiare la legge».
Condoleezza Rice è fondamentalmente d’accordo con McConnell, a giudicare dalle sue risposte in questa intervista. E Joseph Lieberman propone una nuova legge che renderebbe vietato fare quello che fa Wikileaks.
Pare però indubitabile che questo genere di reazioni avrebbe conseguenze non solo su Wikileaks ma anche sui giornali. Sarebbe una vera contraddizione del sistema americano e britannico. Probabilmente, a quel punto, si farebbe più fatica a comprendere l’esatta definizione di libertà di espressione.
Clay Shirky scrive un intervento equilibrato. Si rende conto che bloccare Wikileaks sarebbe un attentato alla libertà di espressione. E si rende conto che la totale trasparenza non è possibile e forse neppure augurabile. La sua idea è che mentre si studia come riequilibrare il sistema dei poteri che si devono bilanciare per poter funzionare, Wikileaks deve restare aperta, non chiusa. E d’altra parte, se si chiude Wikileaks non si ferma comunque il processo avviato dalla rete. A meno che non si voglia bloccare la rete…
Il fatto è che, almeno nei paesi anglosassoni più “evoluti”, esiste il reato di svelare segreti dello stato: ma i colpevoli di quel reato sono coloro che hanno i documenti e li consegnano a un sistema che fa informazione. I giornali che li pubblicano non commettono alcun reato. Non si vede perché questo dovrebbe cambiare: gli americani e i britannici che vogliono impedire la pubblicazione dei documenti segreti dovrebbero concentrarsi sulle indagini necessarie a capire chi ha consegnato i file, non sul tentativo di bloccare Wikileaks.
Se si va avanti con posizioni ideologiche o ingenue ci sarà una stupida guerra. Tra poteri che contrastano l’azione di Wikileaks e programmatori che moltiplicheranno i siti sui quali si potranno pubblicare documenti segreti, che difenderanno Wikileaks, che attaccheranno chi attacca Wikileaks. Una confusione crescente, invece di una maturazione del sistema dell’informazione.
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