Marted’ 13 febbraio alle ore 18:30 Libera Mazzoleni presenta Brothels il libro d’artista pubblicato da Boîte Editions frutto della ricerca che Libera ha condotto nel periodo della pandemia e che ha come soggetto l’esistenza dei bordelli esistenti nei campi di concentramento nazisti, destinati non solo ai militari, ma anche ai detenuti ai quali era concesso frequentarli ai fini di incentivare la loro produttività. Questo agghiacciante dato storico è venuto alla luce solo negli anni Novanta del Novecento, dopo quasi cinquant’anni dal compimento dell’orrore della seconda guerra mondiale e ancora oggi è quasi completamente ignorato. A partire dallo scoramento provato venendo a conoscenza di questa verità storica, Libera ha riflettuto sul tema della prostituzione legittimata dal potere e dunque ha selezionato fotografie d’archivio e brevi testi narrativi e poetici, con l’intento di indagare l’intreccio fra piacere sessuale e sfruttamento, svelando l’ennesima declinazione del patriarcato. Questa ricerca si è concretizzata in un volume di medio formato, custodito da una copertina nera, che echeggia i celebri quaderni neri di Heidegger e sul cui piatto è presente uno spiraglio, invito al lettore a spiare nelle oscurità della Storia. All’interno i testi (tutti in inglese ma disponibili in formato digitale in italiano) sono alternati immagini d’archivio distorte, sgranate, riflesso del revisionismo storico che spesso oscura la lettura degli eventi storici. Questo aspetto è ulteriormente accennato dalla presenza di fogli opachi non rilegati che simulano la nebulosità delle narrazioni storiche e suggeriscono al lettore la possibilità di scegliere uno sguardo più limpido e consapevole.
Insieme all’artista intervengono Elena Magini, curatrice del Centro Pecci e Federica Boragina, editrice.
Il libro è una tiratura limitata, realizzata in 250 esemplari di cui 30, numerati e firmati, accompagnati da un monotipo.
Le edizioni speciali sono composte da stampe di alcune delle immagini distorte, ulteriormente rielaborate con interventi a colori.
Libera Mazzoleni (Milano, 1949) frequenta l’Accademia di Belle Arti di Brera, dove si diploma nel 1970. Il suo approccio all’arte, pur influenzato dall’humus creativo degli anni Settanta, è fin da subito piuttosto laterale ed indipendente. Dal 1968 al 1973, realizza sculture colorate in poliestere dai profili ondulati, create in apparente contrapposizione con la fredda staticità della Minimal Art. Proprio nel ’73 in occasione della prima personale al Palazzo dell’Arengario di Milano, presenterà, a fianco di sculture in poliestere, ferro e poliuretano, una serie di fotografie di parti del corpo associati a frase su identità e indipendenza femminile, sottolineando quello sarebbe stato un impegno effettivo nella formazione di una coscienza della donna nell’Italia dell’epoca. In questa direzione vanno anche i suoi lavori e performance in cui abbina riflessioni psicanalitiche a parti del (proprio) corpo. In tutto questo primo periodo produttivo è evidente «il piacere per la sperimentazione tecnica nella ricerca di soluzioni formali per materiali morfologicamente differenti e per la formulazione di una domanda di senso attorno al mio stesso operare artistico». Dagli anni ’80 compaiono nelle opere un rosario di oggetti apparentemente inutili e rudimentali, materiali di riciclo differenti, alcuni mobili. Negli stessi anni e per tutti i ’90 iniziano poi una serie di installazioni e performance che riflettono sul mito e sul senso dell’aldilà. Come spiega G. Longoni «Con la performance La danza della gru cieca (1993), ritorna il labirinto riattualizzato nel gesto che disegna il percorso aporetico. I passi e i movimenti dell’artista cercano di guadagnare il centro abitato dal Minotauro, dove la vita si incontra con la morte e da dove può forse ripartire un cammino di rinascita». L’opera di Libera Mazzoleni, ancora oggi, rappresenta quindi una voce alternativa e autentica circa le urgenze della posizione femminista e dell’identità di genere, in opposizione ai modelli più retrogradi e arretrati ancora visibili e presenti attorno a noi. Infine, la sua capacità di legarsi a temi di natura spirituale e perfino escatologica, fanno della sua produzione una profonda riflessione sul senso dell’esistenza. Tra le sue mostre è bene ricordare, Galleria San Fedele, Milano (1970); Parco Sempione, Milano (1971); Magma, Museo di Castelvecchio, Verona (1977); Galleria Dieci.Due, Milano (2001-2004); CZKD Belgrado (2011); Palazzo del Duca di Senigallia, Ancona (2012).
L’incontro è ad ingresso libero fino ad esaurimento posti.
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