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04 Feb 2022

Canti Orfici, il libro unico di Dino Campana, non solo è “la sola giustificazione dell’esistenza” del Poeta di Marradi: è la (quasi) sola giustificazione del perché il signor Dino Campana merita l’attenzione, l’ammirazione e financo l’amore di gente sconosciuta e della critica più avveduta: “di pazzi e scombinati ce n’è tanti, ma dei Canti Orfici ce n’è uno solo. (…) Noi ci occupiamo di un fallimento? Se Campana fosse questo, nessuno se ne ricorderebbe più, e basta. Noi però ci occupiamo di un risultato straordinario, di un esito raggiunto, non di un disastro. Se questo c’è stato, va capito e studiato, ma quello che conta è solo l’opera: dove c’è l’opera non c’è follia’”, avverte Gianni Turchetta in apertura della sua “Vita oscura e luminosa di Dino Campana Poeta” (Bompiani, pp. 453, € 18), citando Michel Foucault (uno che di follia se ne intendeva). 

È la prima dirompente “avvertenza”, cui altre, inattese ma altrettanto sorprendenti e convincenti, seguiranno: ma questa, confermata dalla dimostrazione che Campana “faceva poesia solo quando era sereno”, dà già il segno dei molti luoghi comuni e delle interpretazioni errate fiorite sul “mito Campana” smentiti e confutati dal docente di letteratura italiana contemporanea della Statale di Milano. 

A voler andare di fretta (sconsigliabile però quando si tratta di Dino Campana) e voler afferrare immediatamente l’importanza e la novità di questo lavoro basterebbe leggere due avvincenti capitoli: il primo, sulla grandezza indiscutibile e oggettiva del Poeta Campana e sulle fin troppo facili e abusate equazioni “Dino Campana pazzo perché poeta” oppure “poeta perché pazzo” e l’ultimo – dedicato alla modernità e all’attualità di Campana (“Sia l’irriducibile ambivalenza emotiva degli Orfici sia, ancora più in generale, quella loro costante tensione verso un limite sempre oltrepassato e sempre irraggiungibile sono in profonda sintonia con le dinamiche dell’esperienza e della coscienza della modernità.”). 

A leggerlo, tutto, invece, non solo si scoprono tanti nuovi elementi – documentati: l’autore dichiara con umiltà ma anche con il giusto orgoglio di aver voluto “raccogliere i documenti disponibili, se possibile tutti i documenti disponibili, provando semplicemente a raccontare con sobrietà tutto quello che si può raccontare e a capire, finché si può, quello che si può” della vita spesso misteriosa (come la sua poesia) di Campana ma ci si accorge di essere al cospetto di un testo “scientifico” che si legge come un romanzo (dettagliato fino all’inverosimile), che tra citazioni campaniane, un ricco apparato di note, richiami psichiatrici e psicoanalitici (inevitabili nel “soggetto Campana”, talmente caratterizzato da ambivalenze emotive, continue e insanabili “controversie” familiari, pulsioni auto ed etero distruttive) e soprattutto analisi e interpretazioni dei testi campaniani, si pone come una vera “guida a Dino Campana” (come gli Orfici, anche questo libro più si legge e più si aprono scenari). 

Il risultato è il Dino Campana più attendibile e autentico al giorno d’oggi, per cui questo libro può essere considerato non “una” biografia, ma “la” biografia, nuova pietra miliare della bibliografia campaniana con cui tutti i sinceri e non pigri studiosi del poeta di Marradi non potranno fare a meno di fare i conti. 

Una delle novità biografiche e interpretative, se non la più importante, è il riscontro, anche questo corroborato da testi campaniani e testimonianze, della componente non solo di serenità (“ogni fenomeno è di per sè sereno”) ma addirittura di felicità in Campana, felicità che gli era congeniale quanto la sofferenza, fisica e mentale, e l’infelicità che purtroppo hanno prevalso in gran parte della sua vita. Una vita per questo “oscura” (e forse l’oscurità a cui allude il titolo rimanda anche alle zone “buie” della vita di Campana che, nonostante l’immenso lavoro di Gabriel Cacho Millet e poi di Stefano Drei e di altri meritevoli “detective”, ancora rimangono da rischiarare) ma anche luminosa, pervasa dalla luce e dalla felicità che Campana ha provato nel fare/essere Poesia, nel possedere la consapevolezza del suo valore di uomo refrattario ai compromessi e poeta puro e ‘nuovo’, nell’amore con Sibilla Aleramo, nel suo camminare ed essere tutt’uno con la natura, il paesaggio.
Grazie alla nuova biografia scritta da Turchetta ancora una volta Dino Campana può far sua la consapevolezza profetica dell’amato Nietzsche: “Io sono di oggi e di un tempo passato, disse poi: ma c’è qualcosa in me che è di domani e di dopodomani e di un tempo avvenire” (Così parlò Zarathustra – Dei poeti).

Gianni Turchetta (Salerno, 1958) insegna Letteratura italiana contemporanea all’Università di Milano. Ha pubblicato Gabriele d’Annunzio (1990), La coazione al sublime (1993), Il punto di vista (1999), Critica, letteratura e società (2003), “E’ questa storia che m’intestardo a scrivere”. Vincenzo Consolo e il dovere della scrittura. (2019). Ha curato L’opera completa di Consolo (2015) e tradotto La schiuma dei giorni (1992) e Lo strappacuore (1993) di Boris Vian.

Marco Parente Nato a Napoli, si trasferisce all’inizio degli anni ’90 a Firenze, dove forma la band Otto’p’notri, che lascerà nel 1995. Dopo aver contribuito alla batteria e agli arrangiamenti de L’albero pazzo di Andrea Chimenti, collabora con i CSI suonando la batteria per gli album Ko del mondo (1994) e Linea Gotica (1996) Il disco d’esordio, Eppur non basta, esce nel marzo del 1997. Seguono oltre dieci album a suo nome, un Premio Grinzane Cavour per la poesia, collaborazioni nell’ambito della poesia e del reading a fianco di poeti come Lawrence FerlinghettiAlejandro JodorowskyAnne Waldman e John Giorno (nel corso del tour Pull My Daisy promosso dalla libreria City Lights Firenze), il progetto discografico Neve Ridens e lo spettacolo Il Rumore dei Libri, confluiti poi in un doppio dvd. Il suo ultimo lavoro è Life (Black Candy, 2020)

Gli incontri sono ad ingresso libero e in ottemperanza alle vigenti normative anti-covid.

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